Sono stati giorni convulsi quelli che hanno preceduto l'elezione del Capo dello Stato; la politica italiana si è trovata di fronte all'incapacità di nominare un volto nuovo che mettesse tutti d'accordo; l'Italia intera si è resa conto che la classe politica sempre meno rispecchia il volere del popolo e sempre più è espressione di una casta interessata solamente a mantenere la poltrona su cui siede.
Il primo nome fatto, proposto dal Partito Democratico, è stato quello di Franco Marini, frutto di un accordo tra lo stesso Pd e il Popolo della Libertà. Ma niente, le divisioni all'interno del Parlamento non hanno permesso la sua elezione.
Il giorno dopo è stato il turno di Romano Prodi, mentre il Movimento5Stelle appoggiava la candidatura del giurista Stefano Rodotà (nome uscito dalle Quirinarie fatte sul sito del movimento di Grillo). Prodi sembrava essere il nome giusto per poter unire un partito spaccato, il Pd, e poter superare finalmente l'impasse politica che da troppo tempo non ci permette di affrontare i gravi temi che attanagliano i cittadini. Cosi però non è stato. In sede di votazione, una parte del Partito Democratico (101 franchi tiratori) hanno voltato le spalle e votato diversamente, portando cosi alle dimissioni dell'intera segreteria del partito.
Napolitano si è cosi trovato "costretto" ad accettare l'incarico e farsi carico del difficile compito di formare velocemente un governo in grado di adempiere ai suoi doveri e portare il Paese fuori dalla crisi. Vedremo cosa deciderà di fare il Capo dello Stato, a chi affidare il governo, quali attori politici (o non politici) coinvolgere. La strada più probabile sembra quella di un governo di larghe intese anche se rimane aperta la spinosa questione di un Partito Democratico diviso all'interno e senza un certo futuro.
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